domenica 20 marzo 2011

L'elleboro

Durante un giretto domenicale siamo passati per il paesino sloveno di Veliko Polje.  In quei paraggi abbiamo fatto una piccolo sosta per visitare una vecchia chiesa diroccata nel bosco, che si vedeva dalla strada.



Proprio nel bosco vicino alla chiesa abbiamo trovato un' altro bel fiore del sottobosco particolarmente preoce è l'elleboro (Helleborus multifidus).


Come la primula anche l'elleboro sfrutta il rizoma come riserva energetica per spuntare presto nel corso dell'ann.
L'infiorescienza è pendula ed è composta da cinque vistosi sepali verdi, che arrivano fino a 3-4 cm di dimensione.
Se lo si osserva da vicino è possibile vedere al centro di questi i petali, particolarmente piccoli, praticamente atrofizzati, in quantità variabile da 8 a 12. I petali fomano un cerchio attorno alle antere, che sono in gran numero (fino a cinquanta!), e gli stimmi (una decina).


Il nome Helleborus significa in greco "pasto velenoso": infatti questa piccola piantina è particolarmente velenosa! Contiene infatti tre sostanze molto tossiche: l'elleborina, l'elleboreina e l'acido aconitico. Le prime due non vengono distrutte con l'essicazione, quindi anche un fiore d'elleboro secco è velenoso - un motivo in più per ammirare il fiore lasciandolo lì dov'è, senza toccarlo.
Nella medicina popolare veniva usato come rimedio per la rogna, come vermifugi e come purgante; a causa dell'elevata tossicità però spesso e volentieri ci scappava il morto! L'elleboro può portare alla morte in pochi minuti con convulsioni, diarrea e delirio - davvero una fine poco desiderabile! 
Ciò dovrebbe mettere in guardia contro un'uso sconsiderato delle piante come medicazione fai da te: contrariamente a quel che tanti credono, non tutto ciò che è naturale è salutare ed innocuo!
Certo, un veleno nella dose giusta può anche essere un ottimo farmaco; ma la quantità di principio attivo contenuta in una pianta varia non solo dalla parte della pianta raccolta (foglie, radici, fiori, frutti) ma addirittura da esemplare ad esemplare: un fiore cresciuto in un ambiente secco potrebbe contenere il doppio di principio attivo rispetto ad un altro fiore della stessa specie cresciuto in un ambiente umido e piovoso.
Quindi per usufruire al meglio dei benefici della medicina naturale è sempre meglio affidarsi ai consigli di una persona esperta, evitando santoni, dicerie ed esperimenti fai da te!

sabato 19 marzo 2011

La primula

La fioritura nelle aree più in ombra del sottobosco tende ovviamente a ritardare rispetto alle zone più soleggiate: senza la sufficiente quantità di luce e di calore è ben dura far sbocciare un fiore!
Come sempre ci sono però delle eccezioni: infatti proprio nel sottobosco possiamo trovare in marzo o anche già alla fine di febbraio la bellissima primula (Primula vulgaris).

La primula è una pianta perenne; ogni anno immagazzina nella radice una scorta di sostanze di riserva di alto valore energetico. Proprio questa radice/magazzino, chiamata rizoma, permette alla primula di sbocciare così presto. 
Il nome 'primula' indica proprio questa sua precocità. Un vecchio nome di questo fiore, altrettanto bello, era 'primavera' o 'pianta della primavera': probabilmente intendendo questo fiore come un araldo della bella stagione che sta arrivando.
Le foglie sono verde scure e rugose sulla parte superiore; nella parte inferiore sono pelose. Il calice del fiore forma un tubo a cinque punte che copre la parte inferiore della corolla. Questa è a forma di imbuto ed è composta da cinque petali che vanno dal giallo zolfo ad uno più pallido, quasi bianco, a seconda dell'esemplare. Forse a causa del vivace contrasto fra i fiori ed il terreno la primula veniva chiamata anche "occhi di civetta".
Dalle nostre parti sbocciano praticamente ovunque; la si trova acilmente nelle zone attorno al lago di Pierarossa.
Questa piccola piantina di primula l'abbiamo raccolta in Slovenia poche settimane fa. Normalmente non portiamo mai via i fiori dal loro habitat: non solo così se ne preserva intatta l'ecologia (ricordate che ogni organismo, anche una piccola piantina, interagisce in maniera complessa con molte altre specie); ma un fiore è molto più bello se osservato nella natura che l'ha fatto nascere.
In questo caso abbiamo fatto uno strappo alla regola dato che la primula era cresciuta sul ciglio della strada, in un costone fangoso che stava essendo dilavato dall'azione delle piogge di questo periodo: in pochi giorni la primula sarebbe finita sull'asfalto quindi metterla in un vaso nel giardino è stato un po' come salvarla.

venerdì 18 marzo 2011

Il corniolo

Fra la fine di febbraio e l'inizio di marzo fiorisce il corniolo (Cornus mas). La strada che da Doberdò porta a Iamiano, passando sul versante nord del lago, è fiancheggiata da una grande quantità di arbusti di corniolo, e si riveste di fiori gialli particolarmente visibili dato che gli altri alberi non hanno ancora iniziato a metter su le foglie.

In nome corniolo deriva dal latino cornus che significa corno: infatti il legno del corniolo è molto particolare, lucido come le corna dei buoi; mas invece in latino significa maschio, che si riferisce con una velata allusione sempre al legno, particolarmente duro. Anche in bisiac si usa dire "Duro come un curniol".
Di contro la sanguinella (Cornus sanguinea), un altro arbusto "parente" del corniolo, che fiorisce più tardi, ha un legno molto fragile: perciò uno dei suoi vecchi nomi era proprio Cornus femina.
 
Il nostro corniolo è un arbusto a foglie caduche; può diventare un alberello alto anche fino a 6 metri. Ha una corteccia marrone che si desquama facilmente lasciando macchie arancioni al di sotto.


Le foglie spuntano ben dopo la fioritura; sono ovali, e disposte opposte l'una con l'altra. Le nervature convergono all'apice: questa è una caratteristica del genere, che permette di individuarlo subito!
I fiori sono piccoli ed hanno 4 petali di un gialo intenso; sono riuniti in corimbi, ovvero quei piccoli  mazzetti che sembrano una pallina di fiori.
Il frutto è una drupa pendula di colore rosso.
I frutti hanno un alto contenuto di vitamina C sono usati per preparare marmellate, salse e grappe.
I frutti vanno raccolti a completa maturità perchè altrimenti sono terribilmente allappanti!
Comunque anche da maturi restano molto astringenti: se preparate la grappa di corniolo, quando mettete i frutti in infusione nella grappa bianca aggiungeteci una generosa dose di miele per addolcire il tutto!

martedì 15 marzo 2011

L'orbettino

Questa mattina, nonostante la pioggia, il nostro cagnolino voleva restarsene in giardino: era molto eccitato, incuriosito, e abbaiava sbuffando, guardando alternativamente me e un angolo dietro gli scalini.
Tanto ha fatto che è riuscito ad incuriosire anche me... alla fine la causa di tutta questa agitazione era un piccolo orbettino (Anguis fragilis)!



Per prima cosa ho allontanato Frodo dal malcapitato orbettino: non che gli stesse facendo male, ma non vorrei mai che lo scambi per uno dei suoi "giocattoli" ed inizi a masticarselo!
La domanda che si pone subito chi non conosce l'orbettino è se il suo morso sia velenoso.
L'orbettino, come facilmente si può capire dal suo aspetto, è un rettile, ma non appartiene al sottordine dei Serpentes bensì a quello dei Sauri, cioè non è assolutamente un serpente, e non è neppure imparentato con questi ultimi, ma si può vederlo come una lucertola (uno dei sauri più conosciuti e familiari) senza le zampe.
Infatti a guardarlo da vicino la sua testa assomiglia proprio a quella di una lucertolina e la sua bocca è conformata per nutrirsi delle stesse cose di cui si nutre quest'ultima: lombrichi (nella foto sotto sta finendo di papparsene uno!), piccoli insetti, vermi e lumache. Per questo non presenta i denti veleniferi tipici dei serpenti e perciò è assolutamente innocuo!


Il corpo dell'orbettino è cilindrico e ricoperto da squame abbastanza dure, spesso di un bel colore ramato, come l'esemplare che ho trovato oggi; essendo così dure lo rendono un po' rigido nei movimenti, infatti quando l'ho preso in mano per salvarlo dal cane lui si muoveva in maniera piuttosto rigida. Questo è dovuto al fatto che vive tipicamente nella terra e questo tipo di forte corazza lo aiuta nello scavo.
Può arrivare anche al mezzo metro di lunghezza ma è raro in quanto, ricordiamolo, essendo praticamente una lucertola senza zampe, condivide con essa un particolare comportamento difensivo detto 'autotomia', cioè la capacità di perdere la coda per scappare dai predatori. Vorrei ricordare che questo non è un comportamento che la lucertola adotta con leggerezza, in quanto la perdita della coda non soltanto è una grossa perdita delle sue riserve di grasso ma riduce anche le possibilità di riproduzione in quanto simbolo di individuo 'poco scaltro' nel sfuggire ai predatori. Fatto sta che questa abilità può salvare gli orbettini ma in seguito a ciò spesso gli esemplari non superano i 30-40 cm.
Come tutti i rettili l'orbettino è un animale eterotermo, cioè la sua temperatura corporea non è costante ma varia con il variare della temperatura ambientale. In inverno va in letargo sottoterra e ai primi caldi in primavera riemerge per recuperare un poco di calore corporeo restando al sole.
L'orbettino che ho trovato oggi è un po' in anticipo sulla tabella di marcia, infatti era tutto un po' intontito dal tempo piovoso e freddo; per questo i suoi tempi di reazione erano molto lenti. Questo mi ha permesso di approfittarne e scattargli un po' di foto e tenerlo in mano per godere della sensazione della sua pelle, liscia come seta.
Poi mi sono intenerita e piano piano l'ho spinto verso un buco sotto la legnaia dove spero rimanga, protetto da attacchi canini, fino a quando le temperature si faranno più miti.

domenica 6 marzo 2011

I ocieti della Madona

Sempre Blake in "Auguries of innocence" ci ricorda di come sia possibile
"Vedere un mondo in un granello di sabbia,
E il paradiso in un fiore selvatico"

La veronica (Veronica persica) è uno dei più piccoli fiori selvatici che possiamo trovare nei campi, ed è anche uno dei più belli.
 

In dialetto bisiac questo fiorellino ha un nome molto poetico, "Ocieti della Madona"




La veronica appartiene alla famiglia delle Scrophulariacee; il nome del genere, per qualcuno, deriva da Santa Veronica, per altri dalla ''betonica'' per traslitterazione della B in V (una pianta della famiglia delle Labiate), per altri ancora vera ikona = vera immagine perchè era molto comune nelle rappresentazioni sacre della fine del Medioevo; "persica" invece indica che il fiore è originario della Persia.
E' una pianta erbacea, infestante, e nonostante sia così bella è considerata un'erbaccia senza utilità pratica.

Il fusto è prostrato è peloso. Le foglie, elittico-ovali, hanno un margine dentato e sono anch'esse pelose. I fiori sono portati da lunghi peduncoli e hanno la corolla azzurra col centro giallo e si chiudono nelle giornate nuvolose e di sera.


I frutti sono capsule cuoriformi.

Si dice che la veronica abbia proprietà toniche ed espettoranti, ma non saprei se si parla di tisane o quant'altro e a che parte della pianta si riferiscano.
Di certo in una bella giornata di sole la veronica ha la proprietà di donarci un attimo di allegria, trasformando i campi di marzo in un piccolo cielo stellato.