mercoledì 29 dicembre 2010

Pino nero austriaco

Per passeggiare in dicembre bisogna saper cogliere al volo le poche giornate di sole!
Ci si potrà aspettare che in questi mesi grigi la natura sia morta, o perlomeno dormiente: ma a saper ben guardare si trovano ovunque mille piccoli angoli preziosi di vita.

Anche ad un osservatore più distratto però balza agli occhi il contrasto verde delle conifere che si staglia nella lunga sfumatura triste di grigi e marroni dei mesi invernali. La più presente nel Carso isontino e triestino è probabilmente il Pino nero austriaco.


Quest'albero può raggiungere altezze fino a trenta metri; la corteccia è squamosa e di un marrone grigiastro; le foglie sono aghiformi, lunghe una decina di centimetri e ragruppate a due a due.
Il pino nero è monoico, ossia ha sia i fiori maschili che quelli femminili sulla medesima pianta. I fiori si possono vedere nella tarda primavera e in estate. Il fiore maschile è un amento (infiorescenza a grappolo) a forma di cono che rilascia un polline giallo che viene disperso dal vento; se per sfortuna ve ne cade uno su una maglia nera la macchia gialla che fanno è ben visibile!
Il fiore femminile è invece un cono; una volta fecondato è quello che diventerà lo strobilo, ossia la pigna.

Per maturare le pigne impiegano ben un anno. Quella della foto sopra è una pigna del primo anno, mentre l'anno successivo, quando i semi al suo interno sono pronti, la pigna si secca aprendosi e lasciandoli uscire.

Come tutte le conifere l'intera pianta è ricca di resina, che le serve principalmente per chiudere le eventuali ferite, ma anche per non congelare durante i rigori invernali.

Il Carso nei secoli passati era principalmente un querceto; in seguito ai forti prelievi antropici, principalmente per l'approvvigionamento di legno da costruzione, venne praticamente disboscato.
Nel corso del XIX secolo l'amministrazione austriaca (ai tempi le nostre terre ricadevano sotto l'Impero Austoungarico) pensò che fosse necessario rimboschire il Carso per evitare frane causate da erosioni e dilavamenti, facilitate dal terreno calcareo ed i collegati fenomeni di carsismo.

Il naturalista triestino Bartolomeo Biasoletto condusse vari esperimenti per stabilire quale specie arborea fosse la più adatta allo scopo; era necessaria una specie pioniera, che attecchisse bene nel difficile terreno carsico, e che si propagasse da sè senza richiedere eccessive cure ed attenzioni.

Infine venne scelto il pino nero austriaco e vennero impiantate delle zone di prova, nell'orto botanico allora presente a Chiadino ed in seguito nel parco circostante il Castello di Miramare; entrambi i boschetti sono ancora visibili ed in buona salute.
Ora sono moltissime le zone popolate dal pino nero; nella foto sottostante si può vedere una pineta nei pressi del monte Cosich.

Il pino nero non è una specie endemica e potrebbe sembrare che la sua grande diffusione sia negativa per la biodiversità, limitando il numero di specie vegetali nelle aree che occupa. Tuttavia la protezione climatica e la stabilizzazione del terreno che il pino offre permette col passare dei decenni la crescita di molte altre specie arboree quali il frassino ed il carpino; ed i suo rami ed i suoi frutti danno vitto ed alloggio ad una vasta schiera di uccellini, insetti e mammiferi.